mercoledì 28 settembre 2011

Com-baciar-si.

In greco la parola "simbolo" designava le due metà di un coccio, che una volta spezzate, potevano essere ricomposte avvicinandole. In questo modo le due persone proprietarie di una delle due metà, potevano riconoscersi anche a distanza di anni. I pezzi di coccio hanno fratture caratteristiche, che combaciano perfettamente perchè provenienti da un unico elemento che si divide. I simboli sono un po' come te e me. Vaghiamo senza un percorso preciso, per anni, noi, anime smarrite in cerca di noi stessi. Fino a che, per caso, ci capita di riconoscere chi porta segni che combaciano con i nostri, ed è come una parte mancante che torna da lontano a combaciare.  
Così bella che mi chiedo se provenga dall'abisso o dagli astri. 
 

domenica 25 settembre 2011

...Nei giorni in cui eravamo lontane camminavo smarrita, spersa come il cane abbandonato sul ciglio della strada che non trova più la sua casa. Tu c'eri, ma non c'eri più. Eri lontana ed eri dentro di me. Io scrivo e parlo con le tue parole, perchè vorrei essere te. Oggi viviamo anche per domani, quando questi ricordi saranno il sale dei giorni e delle notti a venire. Io sono agosto e settembre, io per te sono febbraio e aprile. Io voglio essere tutto il tempo che tu vorrai che io ti rimanga accanto.

Guido Conti- Le mille bocche della nostra sete

giovedì 22 settembre 2011

Bjork- Isobel

In un cuore pieno di polvere
Vive una creatura chiamata lussuria
Sorprende e intimorisce
Come me
Come me

In una torre di acciaio
La Natura redige un accordo
Per far nascere un bellissimo inferno
Come me
Come me

mercoledì 21 settembre 2011

What the hell I'm doing here?

Capita che il fluire degli eventi ci trascini via, rubandoci pezzi di noi, così che nella confusione non riusciamo più a trovarci. Siamo piccoli, soggetti a fluttuazioni, ci facciamo toccare con una facilità estrema, dal tempo atmosferico, dai suoni, da poche righe su un foglio bianco. Cadiamo tante volte, abbiamo una collezione di cicatrici in posti impensabili, una sorta di mappa che traccia una strada più o meno intricata verso lui, lei, loro, gli altri.
Ma non abbiamo una mappa che porti a noi stessi.
Le sole X che conosciamo sono le incognite, altro che le X del tesoro. Siamo un insieme di trame iniziate e non finite, un insieme di storie da vivere.
Sai cosa vorrei? Vorrei avere un filo di Arianna color della luna, prenderti per mano e guidarti verso l'ignoto, e se cadrai sarò al tuo fianco a dirti che ogni ferita ci insegna qualcosa. Se avrai paura, la sommerò alla mia, la mischierò alla terra che tieni sotto i piedi, quella che sa muovere palazzi e case, così  che la paura sarà più malleabile, e ne faremo un grosso vaso di Pandora, da aprire da sotto, che sotto c'è la speranza, come sai.
Ogni strada avrà i suoi colori e i suoi suoni, e noi saremo note, tasti, corde, vibrazioni, sinfonie e arie.
Ci ciberemo dei nostri silenzi, e quando sarai sazia mi farò aria, quando avrai freddo nel cuore mi farò fuoco.
Guarderemo il mondo come bambini, useremo i cucchiai per mangiarlo meglio, userò il cucchiaio per raccoglierti quando sarai sul fondo, il coltello te lo passerò, dalla parte del manico, così che tu faccia a pezzi la sfiducia.
Dimenticheremo i punti, le virgole, e le regole della grammatica, dimenticheremo di essere soli da sempre, ma non ci dimenticheremo.
Alla fine del viaggio non so dove saremo. Anzi non so se finirà. Probabilmente mi sveglierò e non ci sarai, sarà stata tutta un'enorme illusione e mi avrai fregato, abbandonandomi su quel letto di foglie color della terra. Ma se sentirò il tuo odore, di oleandro e pioggia, mischiarsi al mio, quella sarà la mia X.

domenica 18 settembre 2011

Baudelaire- Spleen e ideale

Amo il ricordo di quelle epoche nude, le cui statue Febo si compiaceva indorare. Allora uomo e donna, nella loro mobilità, godevano senza menzogna e senza ansia; il cielo amoroso carezzava loro la schiena, ed essi così esercitavano le virtù del loro nobile corpo. Cibele, allora feconda di ricchi prodotti, non trovava che i figli le fossero di peso: lupa dal cuore gonfio di generosa tenerezza, nutriva l'universo con le sue brune mammelle. L'uomo vigoroso, forte, elegante, godeva del diritto d'andar fiero delle beltà che lo proclamavano re: frutti indenni da qualsiasi oltraggio, vergini di fenditure, la loro carne liscia e ferma chiamava i morsi.
Il Poeta oggi, se desidera immaginare quelle native grandezze là dove si mostrano le nudità dell'uomo e della donna, sente calare sulla sua anima un freddo tenebrore dinanzi a un quadro nero, spaventoso. O mostruosità piangenti il proprio abito! tronchi ridicoli, torsi degni di maschere; magri, poveri corpi torti, ventruti e flaccidi, che il dio dell'Utile, implacabilmente sereno, strinse, sin dalla nascita, nelle sue fasce bronzee. E voi donne, pallide ahimè come ceri, che il vizio insieme consuma e nutre, voi vergini, che trascinate l'eredità del peccato materno e tutte le brutture che porta la fecondità.

Noi abbiamo, è vero, noi nazioni corrotte, bellezze ignote a quei popoli antichi: visi smangiati dalle cancrene del cuore, bellezze fiorite dalla spossatezza. Ma queste invenzioni delle nostre ultime muse non impediranno mai alle razze malsane di rendere un omaggio profondo alla giovinezza - alla santa giovinezza, dall'aria semplice, dall'occhio limpido e chiaro come un'acqua corrente, che, incurante come l'azzurro del cielo, come gli uccelli e i fiori, sparge su tutto i suoi profumi, le sue canzoni e il suo dolce calore.


sabato 17 settembre 2011

Ti esploro mia carne.

Ti esploro, mia carne, mio oro, corpo mio, che ti spio, mia cruda carta nuda,
che ti segno, che ti sogno, con i miei seri, severi semi neri, con i miei teoremi,
i miei emblemi, che ti batto e ti sbatto, e ti ribatto, denso e duro, tra le tue fratte,
con il mio oscuro, puro latte, con le mie lente vacche, tritamente, che ti accendo,
se ti prendo, con i miei pampani di ruggine, mia fuliggine, che ti aspiro, ti respiro
con le tue nebbie e trebbie, che ti timbro con tutti i miei timpani, con le mie dita

che ti amano, che ti arano, con la mia matita che ti colora, ti perfora, che ti adora,
mia vita, mio avaro amore amaro:
io sono qui così, la zampa del mio uccello, di quello che ti gode e ti vigila, sono la papilla giusta che ti degusta, la pupilla che ti vibra
e ti brilla, che ti tintinna e titilla; sono un irto, un erto, un ermo ramo, io che
ti pungo, mio fungo, io che ti bramo: sono pallida pelle che si spella, mia bella, io,
passero e pettirosso del tuo fosso: io la piuma, io l’osso, che ti scrivo: io, che ti vivo.

Edoardo Sanguineti–L’ultima passeggiata, Omaggio a Pascoli

venerdì 16 settembre 2011

Love Song- Ted Hughes

He loved her and she loved him.

His kisses sucked out her whole past and future or tried to

He had no other appetite
She bit him she gnawed him she sucked
She wanted him complete inside her
Safe and sure forever and ever
Their little cries fluttered into the curtains

Her eyes wanted nothing to get away

Her looks nailed down his hands his wrists his elbows
He gripped her hard so that life
Should not drag her from that moment
He wanted all future to cease
He wanted to topple with his arms round her
Off that moment's brink and into nothing
Or everlasting or whatever there was

Her embrace was an immense press

To print him into her bones
His smiles were the garrets of a fairy palace
Where the real world would never come
Her smiles were spider bites
So he would lie still till she felt hungry
His words were occupying armies
Her laughs were an assassin's attempts
His looks were bullets daggers of revenge
His glances were ghosts in the corner with horrible secrets
His whispers were whips and jackboots
Her kisses were lawyers steadily writing
His caresses were the last hooks of a castaway
Her love-tricks were the grinding of locks
And their deep cries crawled over the floors
Like an animal dragging a great trap
His promises were the surgeon's gag
Her promises took the top off his skull
She would get a brooch made of it
His vows pulled out all her sinews
He showed her how to make a love-knot
Her vows put his eyes in formalin
At the back of her secret drawer
Their screams stuck in the wall

Their heads fell apart into sleep like the two halves

Of a lopped melon, but love is hard to stop

In their entwined sleep they exchanged arms and legs

In their dreams their brains took each other hostage

In the morning they wore each other's face
Non avremo più bisogno di mappe e fili di Arianna, ci guiderà solo l'odore, nel labirinto dei nostri desideri.
Saremo noi stessi cibo per le nostre anime, acqua fresca per le mille bocche della nostra sete.
Sposteremo il baricentro dei pensieri, ce ne costruiremo uno nostro.
Stravolgeremo ogni luogo comune, perchè i luoghi comuni generano cecità, invece le nostre lenti sanno vedere oltre.

Ci racconteremo storie, faremo nostre le storie di altre epoche, di altre realtà.
E' forse un peccato?
E gli unici confini a essere tracciati saranno quelli dell'alba e del tramonto, là fuori, non quelli tra epidermide ed epidermide, nè quelli tra giusto e sbagliato.

domenica 11 settembre 2011

Vecchi sentieri di parole.

The doors

Qual’è la verità?la verità è che sei come qualcuno che spia dal buco della serratura e non ti accorgi di chi c è intorno a te.Non riesci a distogliere l’attenzione da chi c’è in quella stanza,oltre quella porta.Pensi che dev essere sicuramente qualcuno di meraviglioso,sfavillante,perfetto.
Ma è davvero così?in fondo sono solo parvenze,offuscate dal desiderio.Sono anni che continui a spiare,sperare,disperderti.
Forse,quando la porta si aprirà ne uscirà un agglomerato di carne,ossa,aria,sangue che farà crollare la tua costruzione dorata.
Oppure accadrà che qualcuno ti poserà le mani sugli occhi e ti condurrà lontano da quella porta,sul primo albero che capita.

venerdì 9 settembre 2011

In me sto bene, 
come il mare in un bicchiere.
Ma se sono collocato in questo calice,
che bello,
qualcuno mi può bere.

http://www.youtube.com/watch?v=08HDgXx64_s

giovedì 8 settembre 2011

En- Baustelle

Se fossi te
Sarei magnifico
Un’orchidea
L’Oceano Atlantico
Brigitte Bardot
Capelli di pensieri neri
Ora che vivo al Nord
Ti amo un po’
Aspiri Marlboro
Mi sorridi
Se fossi uguale a te
Sarei Venere di Milo
Avessi la bellezza classica
Che vive in te
Avessi un giorno o due
L’eternità
Della tua immagine nervosa
Allora io sarei nel vento
Di sinistri boulevard
Una ninfea
Una cometa nera
Una Jaguar
Una star

Per adorare te
La tua libertà
Poche righe
Ma solo per te
Per i tuoi uomini
Per il cabernet sauvignon
Cioé le labbra tue
Ecco perché

Brillassi io
Al pari della tua ceramica
Se lo sfoggiassi io
Quel decolletée
Sarei nel nome del Signore
La tua purezza è nell’essere
Inconsapevole Art Déco
Sei decadentemente nuda... 

lunedì 5 settembre 2011

Impressioni di settembre

Perchè il tempo ci sfugge, ma il segno del tempo rimane.
E i segni degli altri, sono indelebili quanto le canzoni. La pelle non mente di certo.

Non mi va di scrivere del tempo che scorre, non mi va di pensare a oggi come a uno scivolare via di vita. Voglio raccogliere i migliori periodi dell'anno, pescarli dalla mia mente, e sorriderne, senza lamentarmi di nulla.
E, usando parole non mie, ma che scriverei esattamente allo stesso modo:
Mi piacerebbe sapere che ognuno di voi oggi è sorridente, che è uscito/uscirà a comprare qualcosa per sé... da regalarsi, che ha fatto/farà qualcosa per la prima volta, che prenderà coraggio e farà/dirà quella cosa che proprio non riesce a fare/dire, che ha cantato/canterà una canzone a squarciagola. Che oggi come regalo per me la tristezza, la rabbia e la depressione no. Oggi no. Grazie.

giovedì 1 settembre 2011

Chissà che faccia hanno gli oggetti quando non li vediamo.

Chissà che suono avrebbero i dischi dei Pink Floyd se domani mi svegliassi trasformata in un insetto, e li ascoltassi con organi uditivi da insetto.

Chissà che razza di rumore fanno le persone che ti entrano dentro, se è più come neve che si posa sul cuore, o come quando inizi a graffiare il plettro su una chitarra e ne viene fuori qualcosa di bello.