sabato 25 giugno 2011

Rincorro parole e sono già senza fiato.

Eravamo al liceo e invece di prendere appunti sulle leggi di Ohm scrivevamo testi di canzoni sul quaderno, sul banco, di quelli tipo E ho le tue mani da lasciarmi accarezzare il cuore
immune da difese che non servono.
Eravamo bambini e giocavamo a impersonare esploratori di mondi improbabili, ignari dei futuri che avrebbero presto messo fine alle nostre risate. E assimilavamo quantità industriali di cartoni animati, colpa loro, per tutte le aspettative che hanno preso forma nella mia testa riguardo alle relazioni sociali, e riguardo al dover essere sempre i migliori, quelli che vincono.
Lo sai che Pirandello e Orwell mi hanno aperto la mente? Lo sai che ho finito l'università e non ho idea di cosa fare, di dove devo firmare, di tutti i requisiti che devo possedere per essere all'altezza?
Lo sai che ogni tanto penso alle rane delle sere estive, e a quando dormivamo nello stesso letto senza che a nessuno facesse strano?
E tu guardi ancora i film di Coppola? O hai il grigiore delle aule di tribunale in cui lavori, delle città del nord, dei vetri appannati, delle bugie che ci si racconta quando ci si rivede dopo anni, e si parla delle solite cose.

2 commenti:

  1. Mi è sembrato di leggere un po' di me tra le tue righe. Belle parole, nostalgiche, malinconiche, ma vere purtroppo.

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  2. Si era giusto un post nostalgico, a volte si cerca di rincorrere parole, situazioni e ricordi che si sono vissuti e che non ci sono più, quasi per tenerli stretti, tenerli vivi, tenerli con noi. E invece le cose mutano, noi mutiamo.

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